4 giu 2016

Casi d'autore - Twilight Saga: Twilight (Parte 2)

Romanzi scritti da: Stephenie Meyer
Editi da: Little, Brown and Company (Inc.) e Fazi Editore
Alias: Almeno è una storia d'amore migliore di... Ehi aspetta un attimo!

Buondì miei inconsapevoli clienti! (sì, per leggere questa seconda parte vi verrà chiesto un gettone d'oro, lo dovrete consegnare al tipo nerboruto che vi sta dietro, diritto di recesso nullo)
Pensavate che fossi in stato catatonico dopo la parziale lettura del primo capitolo di Twilight? Ed invece eccomi qui, pronta per mettere a tacere gli indugi, avventurandomi oltre la tremebonda scrittura, verso i lidi zuccherosi della… ROMANCE!

Avrei quasi preferito che lo stile di narrazione di Twilight mi avesse lasciato in stato comatoso sulla scrivania… Pessimo, ci sono una valanga di ripetizioni e un susseguirsi di elenchi che paiono venir spuntati da un’immaginaria lista della spesa. Però, e metto in evidenza questo punto a favore, ci sono dei momenti in cui la scrittura scintilla di qualche fugace momento di brillantezza (Nota bene: NON quegli attimi in cui vampiri scintillano come diamanti fru-fru); la stessa descrizione in cui Bella osserva cucina e soggiorno di casa è leggermente evocativa, almeno fornisce qualche dettaglio interessante sul passato della protagonista.

Ma la romance ed i personaggi… Oh santo cielo, è anche peggio di quanto possa sembrare! Forse la mentalità con cui mi approccio a quest'opera è data dal fatto che abbia letto Orgoglio e Pregiudizio e non riesca a capire dove stia l'ispirazione tanto declamata! C'è solo un pezzo in cui potrei ravvisare una sottospecie di spunto, il primo incontro ravvicinato fra Bella ed Edward:

Non osavo guardarlo, mentre sistemavo il libro sul tavolo e mi mettevo a sedere, ma con la coda dell’occhio lo vidi cambiare posizione. Si stava allontanando da me, seduto sul bordo della sedia e voltato dall’altra parte, come per evitare una tremenda puzza. Senza farmi notare, mi annusai i capelli. Profumavano di fragola, come il mio shampoo preferito. Come odore mi sembrava piuttosto innocente. Lasciai cadere i capelli sulla mia spalla destra, a chiudere il sipario tra di noi, e cercai di prestare attenzione all’insegnante”

Il ragazzo ricalca il belloccio con la puzza sotto il naso (Malfoy Approves!) e qualcuno ripescherebbe dalla memoria la mitica esternazione di Mr. Darcy su Elizabeth Bennet: "Appena passabile ma non abbastanza bella da tentarmi". Due inizi molto simili, tuttavia manifestano le evidentissime differenze, a partire dalle tematiche: orgoglio e pregiudizio. Assistiamo ad un apparente disgusto da parte di Edward nei confronti di Bella (un sentimento disdicevole nei confronti di una Mary Sue è inaccettabile, ovviamente è tutta una montatura), rimarcato dal suo volersi allontanare il più possibile dalla ragazza. Vuole cambiare orario delle lezioni di biologia, preferendo non essere il suo vicino di banco e marina la scuola per una settimana di fila, come 'nu bravo mariuolo. Ma se io vedo questo ammontare di disprezzo da parte del nostro Piccolo Lord alle prime armi, immagino che la cara protagonista dei cosiddetti se la tiri talmente tanto da vederla schizzare in alto nel cielo. Ne abbiamo avuto un'idea con i suoi compagni di classe, da Erik, il demente senza senso dell'umorismo (“mezza albina”... Che risate matte!), fino ad arrivare al battezzato “cagnolino da riporto”, Mike Newton. Se riserva queste brutte impressioni per due ragazzi che non le hanno fatto niente, anzi si sono dimostrati gentili et accorti, figurati cosa dovrebbe pensare di un aristocratico che arriccia il naso quando le passa vicino! Il minimo che mi aspetti è che chieda al professore di cambiarli di posto. Perché uno dovrebbe infliggersi l'astio altrui senza fare nulla per attenuarlo?

«Ciao», disse una voce bassa, melodiosa.
Io alzai gli occhi, sbalordita del fatto che si stesse rivolgendo proprio a me. Era seduto al banco il più lontano possibile, ma la seggiola era voltata nella mia direzione. I suoi capelli erano fradici, spettinati, ma anche conciato in quel modo sembrava appena uscito dalla pubblicità di un gel”

Perché anche se ha nevicato e piovuto, la puzza di povero non te la toglie proprio nessuno!

Okay, forse si vergognava ad andare dall'insegnante, ma attendo un suo commento acido in risposta al suo comportarsi come se non fosse successo nulla la settimana scorsa. Anche un silenzio stizzito andrebbe bene o...

Mi girava la testa per la confusione. Mi ero inventata tutto? Ora era perfettamente educato. Dovevo parlargli: aspettava che lo facessi. Ma non riuscivo a pensare a niente di convenzionale da dire.
«Co… come fai a conoscere il mio nome?», balbettai.
Fece una risata leggera e ammaliante.
«Oh, penso che tutti sappiano come ti chiami. La città intera ti stava aspettando».
Feci una smorfia. Sapevo che più o meno era la verità.
«No», insistetti, come una stupida, «intendevo, come mai mi hai chiamato Bella».
Sembrò confuso. «Preferisci che ti chiami Isabella?».
«No, Bella mi piace», risposi io. «Ma Charlie – voglio dire, mio padre –quando parla di me credo mi chiami Isabella: a quanto pare qui tutti mi conoscono con quel nome». 
Cercavo di spiegarmi, ma mi sentivo una perfetta cretina.
«Ah». Lasciò cadere il discorso. Io distolsi lo sguardo, goffamente

Tutto ma non questo! Ora capisco dove sia finito l'orgoglio di Bella: sotto le scarpe del bello in modo assurdo!

Da questo momento in poi è facile intravedere le differenze fra le due opere: da una parte abbiamo Elizabeth Bennet, coraggiosa ed intelligente, che mal sopporta Mr. Darcy dopo averne sentito l'uscita infelice sul suo conto. Dall'altra parte abbiamo una ragazza che accosterei volentieri ad altri suoi simili:














Una persona troppo pavida per manifestare apertamente i suoi pensieri, incapace di avere uno scatto d'orgoglio di fronte all'atteggiamento maleducato di un tipo bellissimo che l'affascina. Fa apparire la protagonista di un romanzo degli inizi dell'ottocento più moderno ed indipendente di lei!

A 'sto punto tanto valeva che Twilight fosse ispirato a: “Guida galattica per gli autostoppisti”, “Geronimo Stilton”, “Le ricette della nonna” o anche “Dormire sonni sereni con la musica new age”! Che senso ha, per un libro, prendere una leggera ispirazione da uno dei grandi classici della letteratura inglese in modo superficiale, solo per una scena, per tralasciare il resto dei punti PRINCIPALI dell'opera!?

Eh sì, per quanto concerne i protagonisti, Bella è una Mary Sue, codarda e meschina, in completo contrasto con quanto le viene attribuito dalla narrazione, ma basta dare un'occhiata ad Edward per rendersi conto dell'orrore ambulante con cui la nostra cara ragazza s'arrapa la notte. A seguito di un incidente da cui solo l'intervento di Edward riesce a salvarla, la lagna inizia a farsi delle domande sulla sua identità: il ragazzo era distante dal luogo del misfatto. 

“Edward Cullen, a quattro auto di distanza da me, mi fissava terrorizzato. Il suo viso emergeva da un mare di altri volti, immobilizzati nella stessa maschera di terrore" 

Durante il salvataggio, lo ha visto compiere un gesto a dir poco eclatante. 

Sentii mormorare un’imprecazione e mi accorsi che accanto a me c’era qualcuno, una voce inconfondibile. Due mani affusolate e bianche si pararono di fronte per proteggermi, e il furgone si arrestò di colpo a una spanna dal mio volto” 

Dopo aver palesato per l'ennesima volta l'amore e l'affetto che prova per ogni creatura vivente che la circonda, sentendosi umiliata per essere stata seguita dai suoi AMICI in ospedale e aver dovuto SUBIRE la preoccupazione dei suoi genitori, la nostra ingrata eroin... Ehm cosa (ed anche in questo caso le sto dando troppo credito!) decide che è giunta l'ora di indagare sull'identità del tenebroso mascherato (Io sono il terrore che svolazza nella notte... Ah, ho sbagliato?).

C'è anche una scusa patetica con cui giustifica il fatto che nessun altro studente abbia visto i poteri sovrumani di Edward: 

“Mi chiedevo perché nessuno avesse notato quanto stesse lontano, prima dello scatto repentino e impossibile che mi aveva salvato la vita. Un po’ preoccupata, mi resi conto del motivo: nessun altro si accorgeva come me della presenza di Edward. Nessuno lo guardava con occhi simili ai miei. Che cosa meschina”

Mi fa venire la pelle d'oca, perché introduce il misterioso concetto della mimetizzazione amorosa ed un pippone assurdo sulla società, ma ehi cari lettori, aspettate! Al set degli orrori manca l'atteggiamento fine ed educato del Piccolo Lord, alle prese con il membro della squadra dei giovani detective:

«Quando parlo con te mi lascio sempre scappare troppe cose. Questo è uno dei problemi».
«Non preoccuparti, tanto non ne capisco una», dissi io, con una smorfia.
«Ci conto».
«La traduzione di tutto questo è che adesso siamo amici?».
«Amici…», bofonchiò lui, scettico.
«Oppure no», borbottai io.
Fece un ghigno. «Be’, immagino che possiamo provarci. Ma ti avviso da subito che non sarò un buon amico, per te». Dietro il sorriso, l’avvertimento suonava serio.
«Continui a ripeterlo». Cercai di ignorare l’improvviso sussulto nel mio stomaco e di parlare senza balbettare.
«Sì, perché tu non mi dai ascolto. Sto ancora aspettando che tu ci creda. Se sai quello che fai, cercherai di evitarmi».
«A quanto pare ti sei fatto un’opinione piuttosto precisa della mia intelligenza». Ridussi gli occhi a una fessura.
Sorrise, come per scusarsi”

Ooooh che ammorehhh! Manca solo che le lanci un bastoncino e lei lo vada a riprendere! Questo è il tipo per cui la nostra Bella di notte prova un attrazione che lei stessa definisce malsana!

Adesso qualcuno di voi, caro pubblico, potrebbe dire anche: “eh ma guarda Elizabeth Bennet e quell'ombra umana di Mr. Darcy! Lei s'innamora di uno che ha la simpatia di un carrarmato chiodato”. Ed io a questo punto vi direi che se Elizabeth avesse avuto a che fare con lo stesso Mr. Darcy presentato ad inizio libro, il bellimbusto non starebbe ancora lì a fare il bulletto con la Bella di Notte ma a piangere in un angolino.

Il punto più importante di tutto Orgoglio e Pregiudizio è, infatti, che Elizabeth Bennet riconosca l'orgoglio di Mr. Darcy e non riesca ad accettarlo. Solo dopo un confronto aperto fra i due, grazie a cui il nobiluomo migliora i suoi modi e la ragazza impara ad andare oltre l'iniziale opinione che aveva di lui, in lei maturano i sentimenti di amore e rispetto che li porteranno a convolare a nozze. Una storia matura, con una partenza difficile, ma dal finale coerente ed emozionante. Cosa pensa Bella del comportamento borioso di Edward? Ehm...

"A volte non riuscivo a resistere e lo osservavo da lontano, a mensa o nel parcheggio. Vedevo i suoi occhi diventare sempre più scuri con il passare dei giorni. Ma in classe non gli riservavo un'attenzione maggiore di quella che lui riservava a me. Stavo malissimo. E continuavo a sognarlo"

Massì, fintanto che continua ad essere un figaccione con un bel gruzzolo alle spalle, cosa gliene importa delle sua stronzaggine! Una relazione trattata con altrettanto rispetto ed intelligenza, che trasmette sani valori e messaggi, non c'è che dire!



Migliorare e crescere grazie all'altro?! Pfui, cose d'altri tempi, molto meglio limitarsi alla superficie, time is money, life is now, writing is out!

Ed arrivare alla trama è quasi come sparare sulla Croce Rossa. Se questa fosse con le gomme a terra. Ed il pilota steso da una sbronza colossale. Esaminiamo gli indizi a disposizione della nostra acuta indagatrice per carpire l'identità del campione di diplomazia de noialtri:
  1. I Cullen non si presentano a scuola nei giorni di sole
  2. Edward e parenti sono sempre pallidissimi con le occhiaie
  3. Quando tocca la mano del ragazzo sente quanto sia fredda
  4. Il ragazzo dimostra velocità e forza straordinarie
Uhm... Darkwing Duck l'abbiamo escluso... Sarà Paperinik? No, no, che sciocchezze dico anch'io... è senz'altro Spider-Man!
A parte la palese ironia iniziale (sappiamo tutti che Paperinik sarebbe un protagonista più interessante), l'investigatonta pensava davvero che ragni e radioattività fossero le cause principali dei poteri di Peter Parker meno simpatia e carisma. Ha bisogno di ascoltare la leggenda dei Quileutes, gli indiani occupanti della riserva di La Push, che li chiama Freddi bevitori di sangue, per arrivare alla soluzione che siano vampiri! Se lei è a dei livelli subumani di intelligenza come questi, non oso immaginare lo standard infimo degli altri abitanti di Forks...

Ricordare che questo doveva essere il cliffhanger principale del primo libro della saga è un ulteriore gioia per il mio fegato ingrossato.

I capitoli successivi non bastano a farmi sentire meglio. Il nulla per un bel po', coadiuvato da descrizioni pedanti con cui si specificano le seguenti azioni: preme il bottone «play» per far partire la musica sul lettore CD, fa ricerche su internet tramite il suo “motore di ricerca preferito” (Perché?! Quale persona su questa terra penserebbe una cosa simile?! Santo cielo, se non vuoi fare pubblicità occulta inventatene uno a caso ed amen!), chiude una marea di finestre pop-up durante il suo lavoro (sì, il libro DESCRIVE anche questo!) ed ha la straordinaria abilità dei sogni premonitori (in un suo sogno si svela quello che sarà il potere di Jacob nei prossimi romanzi e l'esatta descrizione della sua forma. Della serie: datemi la manina che v'accompagno, non m'interessa se avete un cervello pensante, i miei personaggi non ce l'hanno). 

Il libro è talmente incastrato nella sua ragnatela di fatti insignificanti, da usare per l'ennesima volta un pretesto stupido per mandare avanti la trama, ossia il fatto che la nostra diversamente intelligente e diversamente simpatica, durante una gita a Port Angels con le sue amiche, si perda in modo stupidissimo:

Vagavo per le strade, già affollate del traffico di fine giornata, e speravo di aver preso la direzione per il centro. Non stavo prestando grande attenzione alla mia meta: più che altro lottavo contro lo sconforto. Cercavo in tutti i modi di non pensare a lui, a ciò che aveva detto Angela...

[...]
A grandi passi, puntai verso sud, in direzione di una fila di vetrine che promettevano bene. Quando le raggiunsi, però, mi resi conto che si trattava soltanto di un negozio di ricambi e di un locale sfitto. Avevo ancora molto tempo a disposizione per cercare Jess e Angela, e prima di incontrarle dovevo assolutamente rimettere l'umore in carreggiata. Mi passai le dita tra i capelli un paio di volte e feci qualche respiro profondo, poi proseguii, svoltando l'angolo.
Attraversando l'ennesima strada, iniziai a temere di aver preso la direzione sbagliata. I pochi pedoni che incrociavo andavano verso nord, e le costruzioni in quella zona sembravano perlopiù capannoni. Decisi di spostarmi verso est appena possibile, proseguire per qualche isolato e tentare la fortuna cercando un percorso alternativo verso il molo”

Questa qui fa tutto da sola! Com'è possibile che un essere dotato di senno decida, quando si accorge di aver sbagliato direzione, di continuare per la sua strada, nonostante sia pericoloso e non conosca la zona?! Altro che attirarsele le disgrazie, lei le cerca eccome! Inutile dirvi che questo libro sia ancora una noiosa love story superficiale ed insensata (come sarebbe stato bello se si fosse trasformato in un thriller-poliziesco con Charlie hard boiled detective, in cerca di vendetta... Quel dommage), quindi la nostra Bella di Notte verrà salvata dallo stalker giustiziere. Se il libro pensa che siamo degli idioti senza cervello, naturalmente la protagonista femminile deve essere l'inutile damigella in pericolo, la cui natura inetta abbisogna della costante guida di un maschio anche solo per passeggiare per strada. Sappiamo tutti che le donne non hanno senso dell'orientamento e devono sempre chiedere indicazioni, non parliamo poi di quando si tratta dei lavori di casa!



Sì, ho appena definito il Wannabe Mr. Darcy uno stalker perché ammetterà di averla seguita fino a Port Angels, preoccupato per lei. La reazione della protagonista?

Mi chiedevo se il pedinamento avrebbe dovuto farmi sentire a disagio; in realtà, mi sentivo stranamente lusingata”

Ehm okay, tutto questo è decisamente disturbante e sono sicura che non ci fosse in Orgoglio e Pregiudizio... Mr. Darcy era solito pedinare la cara Elizabeth Bennet ovunque andasse? E lei era lusingata?! E QUESTO ATTEGGIAMENTO DOVREBBE ESSERE ROMANTICO?!

Questi valori distorti mi stanno nauseando. Meglio che chiuda presto prima che Tafaz mi faccia svenare per rimborsarlo della carta super-vintage di cui il nostro studio abbisogna (già macchiata di caffè, anche se io cerco di decorarla sempre un po' di più).

Insomma, dopo che Edward le dimostra quanto un'insulsa femmina non sia in grado di mantenersi in vita con le sue forze per più di un paio d'ore, lei capisce i suoi errori e si converte all'ammore profondo ed incondizionato di lui. Sì, proprio lui: quello che lei scopre essere, nella stessa giornata, un vampiro in grado di leggere i pensieri di tutti tranne i suoi. Per questo le pone infiniti interrogatori, seguendola dappertutto. Stalking is Love, Stalking is Life.

Sono sicura che persino Mr. Wickham sarebbe un partito migliore. Almeno potrei detestarlo cordialmente senza che lui lo scopra leggendo i pensieri delle persone che mi circondano.

Sì, il caro otaku mancato ha fatto ANCHE questo. Se vi sembra terribilmente inquietante, sappiate che Twilight scava ben oltre il fondo del barile!

Poi il nulla, per un bel po' di capitoli. Se non vi fossero bastati i pochi ma significativi dialoghi che ho inserito in questa recensione, vi delizierò con un'ultima chicca, anche se farei prima a chiedervi di comprare il libro:

«Perciò la cameriera era carina?», chiese, ingenuamente.
«Non te ne sei accorto?».
«No, non ci ho fatto caso. Avevo altro per la testa».
«Poveretta». A quel punto potevo concedermi di essere magnanima.
«Una delle cose che hai detto a Jessica... be', mi infastidisce un po'». Rifiutava di cambiare discorso. Sembrava quasi sgarbato, da sotto le ciglia mi rivolse uno sguardo inquieto.
«Non mi sorprende che tu abbia sentito qualcosa di spiacevole. Sai quel che si dice di chi origlia...».
«Ti ho avvertita che sarei rimasto in ascolto».
«E io ti ho avvertito che non avresti gradito conoscere tutti i miei pensieri».
«In effetti, mi avevi avvertito», la sua voce non si era addolcita. «Però, non credo tu abbia ragione fino in fondo. Voglio sapere sì ciò che pensi, e tutto. Soltanto, mi piacerebbe... che non pensassi certe cose».
Lo guardai, imbronciata. «Bella differenza».
«Ma non è questo il problema, al momento».
«E quale sarebbe?». Ci stavamo entrambi sporgendo sul tavolo, l'uno di fronte all'altra. Lui teneva le grandi mani bianche sotto il mento; io mi coprivo il collo con la destra. Mi sforzai di ricordare che eravamo in una sala mensa affollata, probabilmente piena di occhi curiosi. Era troppo facile cedere alla tentazione di lasciarci avvolgere dalla nostra piccola e lucida bolla privata.
«Sei davvero convinta di piacermi meno di quanto io piaccia a te?», mormorò facendosi più vicino e inchiodandomi con i suoi occhi intensi e dorati”



SOFFRITE CON ME!

Grande Volontà del Grande Universo, a parte la posizione scomodissima con cui si sporgono l'uno all'altro lato del tavolo (ci credo che Bella debba ricordarsi di essere in un luogo pubblico, due deficienti così susciterebbero l'ilarità delle masse!), ma come si fa a rendere un dialogo così lungo e così vuoto da far cascare le braccia ad una statua?! Sembrano due bambini che bisticciano ed è un problema serio, soprattutto quando uno dei due è un'entità leggendaria di cento anni e passa!
E pensare che la scrittura dei dialoghi di Orgoglio e Pregiudizio è brillante, sagace e persino il dettaglio più insulso di cui i personaggi parlano rifulge della sua luce. Com'è possibile che un fattore importantissimo come questo sia ignorato?!

Prendiamo, per esempio, le prime pagine di Orgoglio e Pregiudizio di Jane Austen, dove il Mr. Bennet e Mrs. Bennet discutono sul proposito di maritare una delle loro figlie con il Signor Bingley:

"Oh! Scapolo, mio caro, puoi starne certo! Uno scapolo con un'ampia fortuna; quattro o cinquemila l'anno. Che bella cosa per le nostre ragazze!"
"E perché mai? che c'entrano loro?"
"Mio caro Mr. Bennet", replicò la moglie, "come puoi essere così irritante! Lo sai bene che sto pensando di farlo sposare con una di loro.”
Era questo il suo progetto quando ha deciso di stabilirsi qui?"
"Progetto! sciocchezze, come puoi parlare in questo modo! Ma è molto probabile che possa innamorarsi di una di loro, e quindi devi fargli visita non appena arriva."
"Non vedo nessun motivo per farlo. Potete andare tu e le ragazze, oppure puoi mandarle da sole, il che forse sarà ancora meglio; visto che tu sei bella quanto loro, Mr. Bingley potrebbe considerarti la migliore del gruppo."
"Mio caro, tu mi lusinghi. Certo, ho avuto la mia parte di bellezza, ma ora non pretendo di essere nulla di straordinario. Quando una donna ha cinque figlie cresciute, non deve più pensare alla propria bellezza."
"In casi del genere una donna spesso non ha più molta bellezza a cui pensare"”

Vedete come sono vividi i dialoghi? Dal modo in cui parlano i nostri due personaggi è facile intuire i loro caratteri: Mr. Bennet è un uomo arguto e Mrs. Bennet affronta la ricerca di un marito per le figlie con grande trepidazione. Sebbene l'argomento di cui discutano non sia ancora di nostro interesse, la sagacia con cui battibeccano riesce ad immergerci nel mondo del racconto. Ci spinge a scoprire se il Signor Bennet andrà a far visita al Signor Bingley, per compiacere il desiderio della moglie.
D'altro canto, cosa fa Twilight?



Nei dialoghi che ho citato di Twilight pare proprio di assistere a botta e risposta artefatti, in cui risulta difficile distinguere le personalità dei due ragazzi: sono monodimensionali e costantemente ancorati al desiderio di impressionare l'altro con la loro sagacia da non riuscirci neanche lontanamente, anzi, sembrano solo due beoti. Non sono personaggi sfaccettati, sono marionette i cui fili si vedono benissimo!
E si manifestano altre inquietanti analogie con relazioni poco sane.

Gli ero grata per avere cambiato argomento. Non volevo più parlare di abbandono. Pur di averlo accanto, sarei stata disposta a mettermi spontaneamente in pericolo...”

#CutforEdoardo

Iniziate a tenere d'occhio questa lista... Anche nei prossimi libri ci tornerà utile!

E per i valori, come dicevo, raggiungiamo livelli altrettanto disturbanti: la nostra Bellimbusta ama Edward perché è un figaccione da paura (vi sfido a trovare un punto in cui parli di quante buone qualità abbia a parte la bellezza. Fortuna che lei dovrebbe essere diversa dalle altre ragazze, eh! Non che il belloccio abbondi di pregi, intendiamoci), lui la ama perché è ossessionato dall'idea di non riuscire a leggere i suoi pensieri come fa con il resto del mondo conosciuto (ovviamente la sua psicosi viene trattata nel senso più puro e dolce del termine, sempre che esista un'accezione positiva) ed io attendo i miei Gillette per andarmene come una regina. Siamo messi così bene che Edward, per migliorare la situazione, decide che sia il caso di svelare il motivo per cui i vampiri non possano stare alla luce del sole. Per mostrarle come si trasformi la sua pelle mostruosahhhhh!

Alla luce del sole Edward era sconvolgente. Non riuscii ad abituarmici; eppure non gli tolsi gli occhi di dosso per tutto il pomeriggio. La sua pelle, bianca nonostante il debole colorito acquistato dopo la battuta di caccia del giorno precedente, era scintillante, come ricoperta di piccoli diamanti. Se ne stava perfettamente immobile nell'erba, con la camicia aperta sul petto
iridescente e scolpito, le braccia nude e sfavillanti. Le palpebre, pallide e luminose, erano chiuse, ma ovviamente non dormiva. Una statua perfetta, sbozzata in una pietra sconosciuta, liscia come il marmo, lucente come il cristallo”
iridescente e scolpito, le braccia nude e sfavillanti. Le palpebre, pallide e luminose, erano chiuse, ma ovviamente non dormiva. Una statua perfetta, sbozzata in una pietra sconosciuta, liscia come il marmo, lucente come il cristallo”


Il caro Severus Snape esprime la sua concisa opinione in merito

Per chi ama ridere delle disgrazie questa scena sarà stata sicuramente esilarante: i vampiri che luccicano, in un libro che non è una parodia del genere horror o gotico, sono una trovata così stramba da spiazzare e suscitare qualche risolino, nel mio caso isterico. Ma, sapete, dopo ricompongo la mia figura da segretaria pessimista e se potessi essere il buon Professor Snape (-100 Punti a La Nicchia del Nerd per aver citato il nome del magnanimo insegnante in una recensione su Twilight), probabilmente lancerei un bel Sectusempra contro tale scempio di libro e riprenderei la lettura di un tomo antico sui veleni meno riconoscibili della storia della magia. Ma ahimè, non ho ricevuto la lettera allo scadere dell'undicesimo compleanno, perciò la mia immaginazione si è inaridita su lunghi elenchi di dati collegati da nessi causali assolutamente razionali, molto più polverosi di una scopa volante e di una bacchetta incantata con criniera di unicorno, ma assai più solidi e tangibili.

E l'ultima volta che ho controllato, non mi sembrava che i termini “sole” e “vampiri”, nelle leggende e credenze popolari, fossero accostati assieme alla parola “brillano”, anzi: i vampiri sono considerate creature notturne per eccellenza, proprio perché la luce del sole è per loro o letale, come nel caso dei vampiri di Anne Rice, o gravemente debilitante, come nel caso del Dracula tratteggiato da Bram Stoker. Ovviamente la luce del sole è il simbolico riferimento al fatto che i vampiri siano rifiutati dall'amore di Dio.

Evidentemente, nei romanzi di Twilight, Dio deve essere un inguaribile umorista. Non può esserci altra spiegazione!

Ah, esiste un altro tipo di spiegazione?
Bene, sono curiosa di leggerla!

Vampires are physically similar enough to their human origins to pass as humans under some circumstances (like cloudy days). There are many basic differences. They appear to have skin like ours, albeit very fair skin. The skin serves the same general purpose of protecting the body. However, the cells that make up their skin are not pliant like our cells, they are hard and reflective like crystal”

Wow, quindi Stephenie Meyer ha fornito una spiegazione scientifica per i vampiri! Forse c'è un minimo di originalità in quest'opera! Forse un'idea bislacca, ma diversa! Mi domando da dove derivi questa sua scelta...

*Fenici si avvicina al pc. Il rumore della scassata ventola del computer si diffonde per la stanza. Fenici apre Grogol Gnome e colpisce con una mazza chiodata i pop-up. Le sue ricerche si fermano su un sito*

TM: I know your vampires aren’t like traditional vampires with the holy water, crosses, sun, etc.But in regards to their sparkly skin – are they really reflecting the sun? Kind of like it would be damaging to them if they didn’t have this ability?[…]

Steph: My reasoning was, why should the sun burn them? That seemed like a very mystical kind of thing, and my vampires are more science than magic to me”

AH.

*La stanza inizia a girare attorno a Fenici. Le forme degli oggetti perdono consistenza e scivolano nei recessi della sua mente. I colori si mescolano in una brodaglia informe*

Ma... tutto questo... tutto questo...

*Cambio scena. Siamo alla porta d'ingresso dello studio. Un uomo con un pastrano marrone scuro è fermo sulla porta. Cerca qualcosa in tasca. Un suono metallico proviene da essa*

Giornataccia per lavorare, spero che Fenici mi abbia lasciato una fetta di pi...

*Si appoggia alla porta e questa si spalanca con un botto. A terra, Fenici è stesa supina con ancora una mano ancorata al bracciolo della poltrona girevole mentre l'altra afferra il collo. Dalla bocca escono fiumi di bava che gocciolano sul pavimento, mentre gli occhi sono spalancati e vitrei*

OH MIO DIO FENICI!

*Tafaz corre dentro lo studio e nota il cartone aperto della pizza a bordo della scrivania, al cui interno manca solo una fetta. Si siede accanto a Fenici stralunato e la scuote vigorosamente*

Ti prego riprenditi Fenici! Te l'avevo detto di non prendere la pizza da Gigi lo Zozzone!

*Dall'ombra formata dal cappello scivolano righe di lacrime sottili. Tafaz si accascia sul braccio che circonda il collo di Fenici*

NO! Ti supplico Fenici, non morire proprio adesso che ti ho fatto il contratto da apprendista...

*Il petto di Fenici, prima immobile, ora sobbalza. La bocca completamente aperta respira rumorosamente, per un paio di secondi, poi si chiude così come gli occhi. Le labbra si riaprono ed emettono un lieve pigolio*

«Ma tutto questo non ha senso!» Tafaz scruta Fenici, perplesso.

«Non ha senso? Vuoi di nuovo il Co.Co.Pro?»

«No razza di cretino! Twilight non ha senso!»

«Grazie Capitan Ovvio, non me n'ero accorto!» Sbotta l'investigatore, anche se si sente felice di non dover perdere la sua collaboratrice per colpa di uno shock anafilattico.

«Non dirmi che hai deciso di lavorare e ti sei messa a leggere il libro».

«Sì lo so che sei sorpreso, ma ne sto pagando le conseguenze» Con l'aiuto di Tafaz, Fenici torna a sedere sulla sedia girevole ed appoggia la testa alla scrivania. Disgustata, osserva le macchie di saliva che ha lasciato sulla giacca del tailleur nero.

«Puzzerò di bava per tutto il giorno, maledizione!»

«Mi vuoi dire cos'è successo o devo indagare?!» Fenici lo guarda esasperata e rabbrividisce al solo pensiero di quello che dovrebbe raccontargli.

«Ti prego Tafaz lasciamo stare, okay?» Fenici non vuole mettere alla prova i suoi nervi, non dopo la visione brutale di prima.

«Se tu sei una mammoletta non è un problema mio» Ecco, adesso può ufficialmente fregarsene.

Guardarlo sbattere i pugni a terra, proferire parole di una lingua sconosciuta e strisciare verso l'uscio in preda all'agonia, è sufficiente a soddisfarla.

«Fahd faok jdfak dikf!»

«Su mammoletta, hai affrontato di peggio» Sorride compiaciuta smuovendogli appena la schiena. 

Dopo qualche secondo, finalmente Tafaz ha la forza di sedersi e di ritornare ad un linguaggio comprensibile.

«Tutto questo non ha senso!» Fenici ride, senza gioia.

«Che ti dicevo io?»



NEXT TIME ON LA NICCHIA DEL NERD
TWILIGHT(Parte 3)

Alias: Vampiri infami, per voi solo reclami

1 mar 2016

Casi d'autore - Twilight Saga: Twilight (Parte 1)


Romanzi scritti da: Stephenie Meyer
Editi da: Little, Brown and Company (Inc.) e Fazi Editore
Alias: Quando il linguaggio di una fanfiction si maschera da paranormal romance seria.

È un normalissimo pomeriggio afoso di luglio, l’aria calda e umida si smuove a malapena con l’ausilio del nostro vecchio e scassato ventilatore portatile, ma non sembra in grado di placare il sudore che ormai m’imperla la faccia. Sono stravaccata sulla cigolante sedia girevole della mia scrivania, il mio sguardo fissa vacuamente il lampadario comprato al mercatone cinese in occasione dei saldi: qualche moscerino svolazza senza troppa convinzione attorno ad esso, altri invece appaiono morti stecchiti sopra gli ornamenti di dubbia provenienza e qualità. La voce della radiolina sulla scrivania di Tafaz spezza il pigro silenzio delle tre del pomeriggio.

«E ora passiamo al meteo. L’anticiclone Plutone continua a preoccupare. Gli esperti dicono che le temperature di trentacinque gradi di questi giorni sono destinate a restare invariate per tutta la prossima settimana. Dovremo aspettarci un abbassamento delle temperature solo all’inizio di agosto».

Mi serve tutta la forza d’inerzia di cui dispongo per arrivare a spegnere quell’aggeggio infernale. Se solo non avessi saputo, ora non sentirei montare dentro di me un’ansia viscerale e il desiderio di affittare una casa sulle Alpi il prima possibile. Ma sento che se portassi con me il lavoro per cercare un po’ di refrigerio, l’orrore mi gelerebbe il sangue nelle vene.
Il nostro studio d’investigazione non conosce pause, ho cercato di convincere Tafaz a risparmiarci i nostri attacchi d’isterismo almeno durante questo caldo torrido, ma è stato irremovibile e ogni volta che lo vedo girare con il suo gigantesco pastrano color marrone scuro per l’ufficio, un curioso istinto omicida mi assale. Forse riuscirei persino a intascare l’assicurazione per uno strano incidente “sul lavoro”… ma poi non potrei più sentire i suoi mirabolanti casi e rabbrividire di terrore ad ogni agghiacciante rivelazione. L'unico rimedio contro l’afa.

A tal proposito, mi ha lasciato del lavoro ad un angolo della porta. Non so cosa ci sia dentro quell’immenso cartone giallastro, legato da un sottilissimo elastico al limite della sua sopportazione, ma so di non potermi aspettare nulla di buono. La politica del nostro studio ci porta ad accettare non solo casi persi nei meandri del web, ma anche creature letterarie che sono emerse dall’anonimato per conquistare una copertina rigida e una sovraccoperta carica di recensioni esageratamente positive. Mi sento male al solo pensiero; il mio intuito mi dice che lì dentro ci sono più di un paio di libri da spulciare.
Appena apro l’incarto subito vorrei che Tafaz fosse presente per poterlo supplicare in ginocchio. No, tutto ma non questo.

Un paio di mani innaturalmente bianche, su sfondo rigorosamente nero, si uniscono a contenere il frutto del peccato, rosso come il SANGUEEEH!

Inizio a vedere la stanza costellata di strani puntini luminosi e sento un forte sapore metallico in bocca. La sola visione mi ha procurato un principio di infarto.


Twilight. Per essere precisi, dietro sono nascosti gli altri libri della saga: l’incubo di ogni recensore e scrittore con un minimo di sale in zucca.
Centinaia di migliaia di voci si sono già sollevate su questa serie, molti dei nostri colleghi si sono sperticati in lodi e critiche più o meno accese. Si sono buttati in analisi approfondite e non, disanimando ogni dettaglio, contraddizione e descrizione.
Ora è giunto anche il mio momento di fronteggiare questo “paranormal romance” dalle discutibili vicende e dai controversi personaggi. Il battito del mio cuore decelera, il respiro si calma e la mia vista riacquista la consueta affidabilità. Sono lucida, posso farcela! Signori, signore e signorine ecco a voi…

TWILIGHT
Partirò dal primo romanzo della saga e in seguito disanimerò i successivi, sempre che il mio cervello non venga lobotomizzato durante l’operazione.
In questa parte cercherò di concentrarmi molto sullo stile con cui Twilight è stato scritto, sfiorando appena gli altri argomenti, ossia personaggi e romance. Credetemi, ci vorrebbe un trattato per ogni aspetto di questo libro, ma dovremo accontentarci delle limitazioni del blog: soglia di sopportazione delle mie dita e dei vostri occhi!

Il libro si apre con una citazione, il seguente passo della Genesi: 

“Ma dell'albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, quando tu ne mangiassi, certamente moriresti”

Wow, che inizio carico di minacce bibliche! Dobbiamo forse aspettarci una morte truculenta in grande stile, a fine libro? Ah no, purtroppo le nostre speranze vengono illuse, anche se di poco: subito dopo abbiamo una paginetta con una piccola visione del finale (ops spoiler!), in cui la nostra protagonista, che impareremo ad amare per le sue molteplici qualità, fronteggia una creatura ancora misteriosa definita “cacciatore”. In questa scena è possibile notare tutto l’attaccamento alla vita di questa giovine, le cui parole sono cariche di ribellione contro il destino avverso e di voglia di continuare a prolungare la sua esistenza:

Per quanto fossi terrorizzata, però, non riuscivo a pentirmi di quella scelta. Se la vita ti offre una sogno che supera qualsiasi tua aspettativa, non è giusto lamentarsi perché alla fine si conclude”

Già, dicevo esattamente questo… Ma sei scema?! Cioè, fammi capire, tu rischi di morire, okay, sei terrorizzata e le tue ginocchia fanno Giacomo Giacomo, fin qui ci siamo arrivati. Da dove deriva questo fatalismo degno di un’ameba?! Nessuno, nemmeno una persona con un buon controllo sulle sue emozioni, riuscirebbe a stare davanti al suo carnefice in questo stato remissivo! Complimenti a te per avere la povertà emotività di un sasso, ora capisco perché la controparte cinematografica abbia una varietà tale di espressioni.

Dopo questa presentazione, il titolo del primo capitolo, “A prima vista”, potrebbe spingermi a chiudere per sempre il libro ed a gettarlo giù dalla finestra, sperando che cada sulla testa del suo editore, ma resisto: mi toccherebbe risarcirlo.
Le vere vicende partono con la nostra vitale ragazza di cui sopra, Isabella Swan, che arriva a Forks, una cittadina dello Stato di Washington. E’ arrivata per trascorrere un annetto circa a casa di suo padre, Charlie, lasciando sua madre e il suo nuovo compagno. Tutto questo avviene in un tripudio di lamentele e masturbazioni intellettuali, perché abbiamo anche la “fortuna” di vedere le cose con il suo punto di vista, in grado di esasperare persino l’emo più convinto.

“E a Forks stavo andando in esilio, una decisione che avevo preso volontariamente e con grande disgusto. Detestavo Forks. Amavo Phoenix. Amavo il sole e il caldo soffocante. Amavo quella città energica e caotica”

Come, gentile pubblico, volete farvi una pera mentre leggete queste due righe? Oh, ma non vi preoccupate, avrete tutte il tempo del mondo per reperire anche una lametta e tagliarvi le vene, le occasioni per sentirvi esasperati non mancheranno!
Pare che questa ragazzetta sia perennemente nel suo periodo e nonostante la scelta di andarsene in “esilio” sia stata per lei disgustosa, si rifiuta categoricamente di rivedere la sua decisione e di dire alcunché alla sua povera mamma che, a giudicare dal tono compassionevole con cui viene descritta dall’“amabile” figlioletta, deve essere un incrocio fra un cane abbandonato e una casalinga con problemi di alcolismo. Un’ameba che ha dato i natali ad un’ameba rompiscatole, siamo in piena combo!

Adesso qualcuno di voi potrebbe anche dire: “eh mi consenta, ma poverina non le piace la città, è solo tanto triste”! (rigorosamente con accento milanese)
E io vi direi che sì, potrebbe essere un semplice atteggiamento MOLTO melodrammatico, ma questa ragazza non è solo piena di orrore e tristezza, è proprio una stronza: quando Charlie le rivela che avrebbe trovato una buona macchina per lei, ecco i suoi dolci pensieri:

“<<Be', in realtà è un pick-up. Un Chevy>>.
<<Dove l'hai trovato?>>.
<<Ti ricordi Billy Black, quello che sta a La Push?>>. La Push è la microscopica riserva indiana sulla costa.
<<No>>.
<<Veniva con noi quando andavamo a pescare, d'estate>>, suggerì Charlie.
Ecco perché non lo ricordavo. Sono molto brava a rimuovere dalla memoria tutte le esperienze dolorose e inutili”

Oh caro Alberto Sordi, la tua esperienza come cantante sarà stata breve, ma quanto c’avevi ragione!


Caro pubblico, vedo già che siete andati da Chef Tony a prendere un bel Miracle Blade III per andarvene come dei pascià, ma se l’idea di dover sopportare questa esplosione di stronzaggine (nel senso che vorreste farla saltare in aria) vi fa pensare al peggio, aspettate di vedere le sue ansie da Mary Sue in incognito. Infatti, la nostra cara protagonista ha paura di andare a scuola il giorno dopo perché non è BIONDA!

“Tutti i ragazzi erano cresciuti assieme, anche i loro nonni si conoscevano fin da bambini. Io sarei stata la ragazza nuova che viene dalla grande città, una curiosità, un mostro.
Ciò sarebbe stato un vantaggio, se solo avessi avuto davvero l'aria di una ragazza di Phoenix. Purtroppo, fisicamente non rientro in nessuna categoria. Dovrei essere abbronzata, bionda, sportiva - una giocatrice di pallavolo o una cheerleader, per esempio -, tutte cose automatiche per una che vive nella "valle del sole".
Invece, malgrado le eterne giornate di sole, la mia pelle era color avorio, senza nemmeno un paio di occhi blu o una chioma di capelli rossi a giustificarmi”

Oh, santo cielo, ma Forks è frequentata anche da ragazzi normali? Chi mai penserebbe che la nuova arrivata in classe sia un mostro?! Poi i suoi pensieri sono completamente incoerenti tra loro: prima si lamenta di aver dovuto lasciare una città energica, caotica e soprattutto soleggiata, che amava alla follia, poi ci mena le sue preoccupazioni di non apparire abbronzata, bionda e atletica! Ma se lei amava tanto questo aspetto ideale, perché non si è impegnata per raggiungerlo?! Non ci è dato sapere.

Complimenti vivissimi, fra l’altro, per l’opinione sballata che la protagonista ha di sé: si ritiene al di sopra dei suoi coetanei, e degli altri in genere (madre premurosa et apprensiva compresa), ma ritiene valido e veritiero l’archetipo che vorrebbe tutte le ragazze dell’Arizona “Biode, atletiche e abbronzate”. Cara la mia Isabella detta “Bella” (interiormente no di sicuro!), sei proprio una cagna travestita da pecora (Se non cogliete il riferimento, vi invito a cercare il sito Tv Tropes: una vera miniera d’oro!).

Caro pubblico, lo so che ormai volete la mia testa su un piatto d’argento perché vi tedio con una ragazzetta del genere e con le mie lasagne che sanno di lagne. Ma essendo il romanzo narrato dal suo punto di vista, non solo bisogna sorbirsi il suo fare buon viso a cattivo gioco verso tutto e tutti, dimostrando, inoltre, di non essere molto diversa da quelle ragazze che criticherà nei prossimi capitoli, se non addirittura peggio. C’è un altro problema con questo stile: la caterva di descrizioni puntigliose fino all’ultimo dettaglio, fanno apparire Bella come una di quelle strane persone con qualche problema, le quali girano per tutta la stanza osservando ogni cosa e fissandoti per tre quarti d’ora, suscitandoti non solo incubi tremendi la notte, ma anche l’istinto di denunciarle alla neuro o ad una stazione di polizia… Per non parlare delle terribili descrizione a elenco della spesa, in cui ogni frase è separata da ingenti punti e punti e virgola:

“La colazione con Charlie fu tranquilla. Lui mi augurò buona fortuna per il mio primo giorno di scuola. Io lo ringraziai, ma sapevo già di non avere speranze. La fortuna , di solito, mi stava alla larga. Charlie uscì per primo per andare alla centrale di polizia che per lui era una moglie e una famiglia. Rimasta sola, mi sedetti al vecchio tavolo quadrato di quercia, su una delle tre sedie spaiate, ed esaminai la piccola cucina, con le pareti rivestite di pannelli scuri, gli armadietti giallo chiaro e il pavimento di linoleum bianco. Non era cambiato niente. Mia madre aveva dipinto gli armadietti diciotto anni prima, nella speranza di portare un po’ di sole in casa. Sopra il caminetto, nel microscopico salotto adiacente alla cucina, c’era una fila di fotografie. Per prima, un’immagine del matrimonio di Charlie e mia madre, a Las Vegas; poi una di noi tre scattata da un’infermiera volenterosa, in ospedale subito dopo la mia nascita; infine una processione di mie foto scolastiche, un anno dopo l’altro. Quelle erano davvero imbarazzanti, dovevo fare il possibile per convincere Charlie a spostarle altrove, almeno finché avessimo vissuto assieme”

Questo è un paragrafo di narrazione inutile, che diventa pesantissimo per via dell’utilizzo spropositato dei punti. E’ vero che gli scrittori anglosassoni, in generale, tendono a sfruttare frasi stringenti, con descrizioni non troppo articolate, a differenza di noi italiani che usiamo spesso e volentieri una prosa molto complessa e, il più delle volte, contorta (il modo in cui scrivo questa recensione ne è un esempio lampante!). Entrambi gli stili hanno dei pregi e dei difetti, ma la tecnica migliore a disposizione degli scrittori, per occultare queste imperfezioni, è senz’altro la sempreverde: “Show, don’t tell”!

*Rumore di campanello in sottofondo. Una voce femminile proveniente da un altoparlante si diffonde per lo studio, limpida e vivace*
Provate anche voi a scrivere usando la regola dello: “Show, don’t tell”. Lasciatevi ammaliare dalle infinite possibilità di rendere vivi personaggi, scene ed ambientazioni impiegando al meglio la vostra creatività! Sviluppate la vostra fantasia e perfezionate le vostre capacità scrittorie!
*La voce cambia, ora è maschile e recita le parole come un automa*
Attenzione! E’ un presidio medico chirurgico, tenere fuori dalla portata dei bambini, può presentare effetti collaterali anche gravi, quali: rallentamento del ritmo di lettura, incapacità di distinguere gli avvenimenti importanti di un libro da quelli meno rilevanti!
*Rumore di campanello in sottofondo*

Ehm, non so come abbiano fatto ad entrare nello studio, ma grazie annunciatori provenienti da chissà dove! Allora, la regola dello “show, don’t tell” è una base importantissima per gli scrittori dilettanti e non: quando si descrivono degli ambienti, delle scene o dei personaggi, il modo migliore per farlo è mostrandoli! Invece di fare elenchi puntati in cui ogni dettaglio, una volta esposto, pare che sia spuntato su un’immaginaria check list di cose presenti in una stanza, perché non cercare di dare vita a questi particolari adoperando i sensi e concentrandosi sulle cose più interessanti? Se la nostra attenzione fosse stata portata subito sulle fotografie, anziché stare a perdere tempo con la narrazione pedissequa delle azioni effettuate dai personaggi e “le tre sedie spaiate”, forse avremmo avuto il tempo, che so? Di conoscere un po’ la nostra cara protagonista grazie alle sensazioni che i ricordi le suscitavano osservando la casa, magari facendola apparire più simpatica con qualche aneddoto divertente! Anche se debbo ammettere, visti i presupposti, preferirei avere a che fare con lei solo per il tempo strettamente indispensabile!

Senza contare che lo “show, don’t tell” permette di scoprire i personaggi non tramite la spiegazione di come siano, ma mediante le loro azioni ed i dialoghi. È snervante vedere come si descriva la povera e incompresa Isabella Swan: parla di sé come se fosse matura ed intelligente, in grado di analizzare perfettamente i grandi classici della letteratura e normalissima nell’aspetto fisico (soprattutto in una città come Forks, dove il pallore dovrebbe essere prerogativa comune, almeno immaginando il perenne cielo plumbeo di cui Bella racconta). Credete che, più avanti, avremo il piacere di assodare come questi informed attribute (Aridaje con Tv Tropes!) siano conformi ai suoi atteggiamenti e al modo in cui verrà trattata dagli altri ragazzi della scuola?

AHAHAHAHAHAHAAHAHAAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHA! 

Ma naturalmente NO! Ovviamente nessuno le farà mai pesare il fatto che predichi bene e razzoli male, men che meno lo stalker Edward Cullen (più avanti mi dilungherò anche sulla brutta copia di Twilight Sparkle)! D’altronde, Bella Swan deve essere una Mary Sue in incognito, mica una ragazza realistica con problemi veri. Deve apparire come la classica ragazza che Hollywood considera socialmente inadatta e nella norma, ma che agli occhi di tutti risulta una strafiga, ipocrita e contraddittoria come se ne vedono tante nei film dedicati agli adolescenti. Volete sapere come faccio ad esserne così sicura? La prova eclatante è che la stessa Meyer, pensando all’attrice adatta per interpretare la sua creatura all’annuncio dei film, non aveva neanche lontanamente considerato Kristen Stewart (che è comunque una bella ragazza, anche se non canonica per gli standard di bellezza americani). Credeva che alcune delle opzioni papabili fossero Ellen Page, Danielle Panabaker e Emily Browning, la migliore secondo lei!

Prima che mi chiediate le fonti (facendo benissimo), Stephenie Meyer ne parlava sul suo sito all’epoca dei fatti.

Ora, ho leggermente divagato, perdonatemi: è vero che non posso criticare esageratamente le scelte cinematografiche effettuate per la trasposizione della saga su pellicola (su Breaking Dawn potrei fare un’eccezione, entrambe le parti sono orrende), sto parlando del libro e non delle palesi problematiche legate alla visione hollywoodiana del mondo. Il punto è che, a livello di scrittura, Twilight presenta uno dei problemi che più detesto di alcune opere della letteratura moderna: sembra scritto come la sceneggiatura per un film!
Per esporre bene l’affermazione di cui sopra, vi citerò un altro pezzo di narrazione, la scena in cui Isabella si reca nella segreteria della scuola il primo giorno per chiedere indicazioni, che confermerà nuovamente anche il problema delle descrizioni stile lista della spesa:

“All’interno c’erano più caldo e luce di quanto avessi sperato. L’ufficio era piccolo: una minuscola area con sedie pieghevoli imbottite che faceva da sala d’attesa, moquette scura variegata di arancione, le pareti tappezzate di avvisi e graduatorie, il pesante ticchettio di un grosso orologio a muro. C’erano piante ovunque, in grossi vasi di plastica, come se fuori non ci fosse abbastanza verde. La stanza era divisa in due da un lungo bancone, disseminato di cestini metallici pieni di moduli e volantini colorati incollati dappertutto. Dietro il bancone c’erano tre scrivanie, una delle quali era occupata da una donna imponente, occhialuta e rossa di capelli. Indossava una maglietta viola, che mi fece immediatamente sentire troppo coperta”

Vedete come ,ancora una volta, tutto sia preciso e didascalico fino al midollo? Come lettrice non me ne potrebbe fregar di meno della moquette screziata di aranciata Sanpellegrino, di orologi a cucù di Geppettiana memoria, dei vasi eco-friendly e dell’accurata descrizione di una semplice segretaria, manco fosse una Divinità scesa in terra che risolverà le controversie del romanzo. Sembrano le indicazioni che uno sceneggiatore darebbe a regista, scenografi, costumisti et simili per chiarirgli come sia lo stage, che attrice debbano selezionare ai casting per fare la segretaria e quali empori debbano girare per trovare quella maglietta viola di merda!

Ad un lettore non serve tutto questo, l’hanno dimostrato centinaia di migliaia di scrittori: al lettore servono le sensazioni e le emozioni, serve uno stile che sottolinei le critiche poste dalla storia o che alleggerisca le vicende con grande sagacia.
Tanto è una stereotipata stanza prestata a ufficio, a che diamine mi serve sapere che le pareti sono tappezzate di avvisi e graduatorie?! Grazie ai c***o, siamo in una scuola!

Dopo aver letto l’ennesima occasione sprecata per trasmettere un po’ di emozioni, posso dire che leggere le stereotipate paturnie mentali della Bella di notte stia diventando un’impresa non da poco: la rossa vestita di viola (un pugno in un occhio sarebbe un insulto minore al buon gusto) è senz’altro una pettegola, la quale al prossimo tè delle cinque riderà della nostra povera Bella Sue (una che s’abbiglia in siffatta maniera non può che essere MALVAGGGIAAHHH). Il cervello di Isabella s’inceppa momentaneamente perché crede che un banale giubbotto nero possa attirare l’attenzione (spero che usi quello giallo canarino per andare ad un funerale, così da beccarsi qualche giusto insulto). Arrossamenti delle gote violente a casaccio (inutile sperare che qualcuno le abbia rifilato un bello schiaffone). 
La vita scolastica di Isabella inizia, dopo una decina di pagine di nulla, tuttavia voglio spezzare una lancia a favore del libro: il carattere con cui è stato stampato è enorme, se fosse un Times New Roman 12, le pagine sarebbero poco meno o poco più della metà impiegate. Ma non vogliamo di certo rischiare che qualcuno sforzi la vista per leggere quest’opera, poi chi li sente quelli costretti a comprare paia di occhiali demodé!

Ora che vi ho risparmiato un po’ di banalità random, non penserete davvero che io sia così malvagia da farvi assistere alla pregiata modestia di Mrs Swan? Ah, ah, ah...
Soffrite con me!

“Io tenevo gli occhi bassi sulla lista di letture che avevo ricevuto dal professore. Era piuttosto elementare: Brontë, Shakespeare, Chaucer, Faulkner. Avevo letto già tutto. Tanto bastò a tranquillizzarmi… e ad annoiarmi.


Mi pare superfluo evidenziare che la sua comprensione dei classici della letteratura, come si avrà modo di scoprire in particolar modo nei romanzi futuri, sia vicina a quella di uno studente che abbia seguito le lezioni di letteratura giocando con l’Iphone pagato dal papi.

Diventa molto difficile per me addentrarmi nell’argomento, sono pur sempre una valida collaboratrice di questo studio di investigazione (quando non dormo, non mangio, non scrivo fanfictions crack pairing sulla torbida relazione fra il Platano Picchiatore e Lucius Malfoy… Facciamo che sono una collaboratrice e basta!), conosco bene i cavilli che le persone da noi seguite potrebbero sollevare sul nostro operato. Tafaz è un detective serio e diligente (ahahaha… Okay la smetto), ma questo non toglie che ogni mestiere abbia i suoi rischi.

Ma tanti dei problemi di questo libro, purtroppo, appaiono legati alle ispirazioni della vita reale: ogni libro della saga, “omaggia” un classico della letteratura. Twilight ha preso spunto da Orgoglio e Pregiudizio!
Non so se abbiate mai letto l’opera di Jane Austen, ma io l’ho fatto e vi posso assicurare che tra dire e realizzare passa un oceano che manco Kyogre in stato di grazia creerebbe: una caratteristica unica e superlativa dei manoscritti di Jane Austen (che ho visto riprodurre diversamente ma con grande abilità da Georgette Heyer) è quella di essere fintamente superficiali, ossia capaci di trasmettere umorismo e frivolezze in una chiave sagace. Come se gli stessi romanzi non prendessero sul serio le vicissitudini al loro interno, ma criticassero ironicamente i melodrammi dei protagonisti e la mancanza di buon senso generale dell’epoca. Sono opere leggere ma consapevoli di esserlo.

Twilight si prende troppo sul serio per essere stato ispirato da Orgoglio e Pregiudizio: ogni facciata è una Luisona di proporzioni abnormi, ogni cliché una fetta di torta Palugona ficcata in gola a forza. Isabella Swan non riesce proprio a camminare a passi lievi per i corridoi della scuola, deve per forza sputare veleno su ogni studente che incontra, persino quelli che vorrebbero aiutarla a trovare la strada per le aule delle prossime lezioni. Le rivolgono troppe attenzioni indesiderate e sono tutti stupidi perché non comprendono il suo fine “sarcasmo” (una battuta di alto livello quella di rispondere: “mia madre è mezza albina” ad uno che constata il fatto che non sia molto abbronzata. Che risate matte). I professori di trigonometria sono il MALEH, perché insegnano una materia orribile e, come se non bastasse, un esemplare della loro specie si è permesso di presentare Isabella detta “Bella” davanti alla classe il primo giorno di scuola, facendola imbarazzare e INCIAMPARE. Come osano comportarsi secondo le regole scolastiche e trovare godimento trastullandosi con operazioni matematiche fredde e bandite dalla Chiesa di Dio? Che siano messi al rogo per il reato di stregoneria!

*Coff, coff* Scusate gentile pubblico, ma gli stereotipi sono forti in quest’opera, mi hanno trasportato indietro, moooolto indietro!

Meno male che Bella si ritiene tanto matura ed intelligente: mostrare così tanto disinteresse da rasentare la maleducazione nei confronti di coloro che le hanno gentilmente fornito indicazioni, dimostrando interesse per lei invitandola anche al loro tavolo durante la pausa pranzo, deve essere il modo con cui una persona di buon cuore palesa la sua gratitudine. 
Pensa se fosse stata una stronza come ho avuto l’impressione dall’inizio del libro, probabilmente le sarebbe venuto il torcicollo a furia di guardarli dall’altro in basso (immagina Boa Hancock che guarda dall’alto in basso)!

Ma aspettate signori, signore e signorine, il capitolo non si concluderà con una normale giornata di vita vissuta! Che entrino in scena i Deus Ex Machina dei libri presenti e futuri!

“Li fissavo perché i loro volti, così differenti, così simili, erano tutti di una bellezza devastante, inumana. Erano volti che non ci si aspetterebbe mai di vedere se non, forse, sulle pagine patinate di un giornale di moda. O dipinti da un vecchio maestro sotto fattezze di angeli. Difficile decidere chi fosse il più bello: forse la ragazza bionda e perfetta, forse il ragazzo con i capelli di bronzo”

Esprimendoci siccome ci nutriamo: erano belli, belli in modo ASSURDOHHHH!
Meno male che si premura di specificarlo, la nostra cara Bella Swan: cogliere il senso di questo messaggio, nelle descrizioni della facciata precedente, poteva essere difficile.
Ironia a parte, affibbiare del “nerboruto” a Emmet mi ha fatto pensare al vecchio protagonista di Prehistorik, il videogame. Immaginarlo con una testa riccioluta… Brividi di orrore gelido!


Tralasciando la poca cura nello scegliere gli aggettivi (Se solo avesse scelto gagliardo… Sento le bandiere italiane garrire al vento per l’occasione persa!), possiamo dire che ora cominci la parte più succosa del libro: la romance che, da mero aspetto del racconto, predomina per tutta la durata del libro da qui alla conclusione!

In questa parte mi sono concentrata molto sullo stile di scrittura, nella seguente inizierò ad analizzare i personaggi e a parlare di questa maledetta romance. Mi sarei dilungata volentieri per altre duecento pagine sulle palesi manchevolezze dello stile di scrittura, ma ormai lo smalto si è scheggiato a furia di scrivere sulla tastiera, dovrò rimetterlo e aspettare che si asciughi riposando gli occhi. Un po’ di sano relax! 
Se penso che non ho ancora concluso il primo capitolo (dopo ne mancheranno solo 23 più l’epilogo: Urrà!) mi viene la nausea…
Spero che Tafaz mi porti una bella pizza margherita con la mozzarella filante o una bella dose di cicuta. Forse mi serviranno entrambe.

Continua nella seconda parte!